mercoledì 23 febbraio 2011

Analisi.

La tizia che ieri mi ha prelevato il sangue era circa così:

Sarà per questo che oggi ho un livido stile 'crocifisso dai gomiti'?

venerdì 18 febbraio 2011

Nulla.


Matteo non provava assolutamente nulla.
Giulio era lì, steso nella bara con le mani intrecciate sul petto. L'abito scuro era impeccabile e i punti di sutura erano quasi scomparsi sotto le abili mani di chi si era preso cura di lui per l'ultima volta.
Giulio era morto. Quarantadue anni compiuti da poco, architetto affermato, due figli simpatici e un po' sovrappeso, una moglie gentile e qualche volta un po' triste e un'amante giovane e in carriera. Una vita abbastanza comune.
Colpo di sonno, avevano detto, e così Giulio non c'era più. Aveva lasciato tutto e tutti schiantandosi contro un palo della luce. Una fine piuttosto comune.
Ma Giluio era anche il suo migliore amico e questo di comune non aveva proprio niente. Si conoscevano da sempre, dalle ginocchia sbucciate in cortile dietro a un pallone, passando per la prima sigaretta - la stessa-, rincorrendo la prima ragazza- la stessa-, superando indenni la prima sbronza, la laurea, il matrimonio, i figli, la vita.
Giulio era il suo migliore amico. Eppure Matteo non provava assolutamente nulla.
Aspettava da tre giorni l'avvento del dolore e dello strazio per la sua perdita, il senso di abbandono, il cordoglio. E invece nulla. Sperava che tutto potesse gonfiarsi e trovare una voce - un grido - al funerale e invece...

Aveva appreso la notizia senza battere ciglio. Non una lacrima, non un graffio di dolore.
Mentre i parenti e gli amici sfilavano ordinati e affranti accanto alla bara, Matteo non riusciva a pensare ad altro.
Salutò la vedova, abbracciò l'anziana madre, fece coraggio ai due bambini. Si lasciò confortare da tutti e a tutti rispose soltanto 'non ci sono parole'.
Già. Non c'erano parole. Nemmeno una. E questo gli faceva paura.
Guidò fino a casa fumando nervosamente mentre la moglie, rispettosa del suo dolore e della sua contrizione, restava in silenzio.
A casa sua figlia Samanta gli corse incontro attraverso il cortile e, come sempre, si attaccò alle sue ginocchia. Matteo le carezzò i capelli scuri e un più terrificante pensiero squarciò il velo della sua quiete apparente.
Si chiuse in camera da letto e immaginò. Pensò a sua moglie stesa nella bara di Giulio, creò una scenografia perfetta di disperazione e tragedia - lei morta dopo una malattia lunga e dolorosa, la loro bambina privata della madre, lui solo nel loro appartamento a piangerla senza sosta - ma nulla. Quell'ipotesi non generava emozioni.
Rincarò la dose: lei si era tolta la vita dopo averlo sorpreso con un'altra donna. Era colpa sua se era morta. Nulla. Ancora indifferenza.
Si spinse più lontano: in quella bara ci depose Samanta. La sua unica figlia. La sua bambina adorata. Eppure, ancora, il nulla.

Matteo non cenò, rimase steso sul letto a fissare il soffitto e a pensare. Amava sua moglie? Amava sua figlia? Aveva amato Giulio? Razionalmente si rispondeva di sì. E allora perchè quel vuoto emotivo? A questo non sapeva rispondere.
Il tarlo del dubbio continuò a tormentarlo per giorni. Mangiava poco e dormiva male, ossessionato da quel pensiero che si stava trasformando in domande sempre più terrificanti. Era ancora in grado di provare dei sentimenti? Poteva ancora emozionarsi per qualcosa? E da quanto tempo si era disconnesso dalle proprie emozioni?

Decise di andare per tentativi.  Niente più supposizioni, necessitava di situazioni reali e concrete.
Rimproverò aspramente e ingiustamente Samanta fino a farla singhiozzare disperata. Nessun risultato. Nessun senso di colpa si affacciò al suo sentire.
Rinfacciò a sua moglie fallimenti e rinunce mai compiute, la maltrattò, le urlò contro cose terribili e in ultimo uscì sbattendo la porta, deciso a tradirla con la prima puttana incontrata per strada.
Ancora nulla.
Decise allora di focalizzarsi sulle emozioni positive.
Portò Samanta al canile e le fece scegliere un cucciolo, ma la gioia della bambina non lo sfiorò nemmeno.
Si regalò un orologio costosissimo, che credeva di desiderare da tempo. Assolutamente nulla. E nulla ai rimproveri di sua moglie.

Poi una notte ebbe l'idea. Matteo era fermamente convinto che fosse impossibile non provare emozioni, evidentemente aveva solo intrapreso la strada sbagliata. Erano lì, da qualche parte, andavano solo ridestate. Si alzò dal letto e cercando di non fare rumore prese dalla libreria i loro album di fotografie.
Sul divano le sfogliò una ad una, ripercorrendo una vita di ricordi e di affetti, in caccia del filo emotivo che aveva perduto. Nulla. Gli sembrava di sfogliare le pagine di un noioso fotoromanzo. La sua sconfitta era conclamata. Allora decise di giocare il tutto per tutto.

Ripose gli album al loro posto e, ancora in ciabatte, scese in garage.
Dalla mensola in alto prese una scatola di cuoio scuro.
Si sedette sul pavimento, aprì la scatola e osservò con vacuità l'oggetto di metallo lucido che vi riposava dentro da tanti anni.
Prese l'oggetto, lo soppesò e ne verificò la meccanica. Sembrava tutto a posto.
Senza farsi altre domande salì in macchina, mise la sicura allo sportello e accese lo stereo.
Sulle note di The River si accarezzò il mento con la canna gelata. Sfiorò il grilletto tre volte, poi si posizionò la pistola in bocca.
Il suo ultimo pensiero, biglietto d'addio che nessuno avrebbe mai trovato, fu che la sua morte lo lasciava completamente indifferente.
Non provava nulla.
Assolutamente nulla.

mercoledì 16 febbraio 2011

martedì 8 febbraio 2011

Patacca.


Vorrei tanto crederci.
Sarebbe bellissimo. Quattordici gradi, il sole, gli uccellini che cantano... Solo che oggi è l'otto febbraio.
Non può durare. Questo inizio di primavera è un falso. Qualche giorno e un doloroso gelo si riaffaccerà sulle mie giornate. Anzi, questo inizio di falsa primavera è crudele. E' un'illusione che gioca con le mie speranze.
Alberi, mi raccomando, non cascateci! Niente gemme... o al posto di foglie e frutti produrrete ghiaccioli..

mercoledì 2 febbraio 2011

Perplessità.

Scusate se torno sull'argomento, ma continuo a non capacitarmi.
Ieri, in una breve ma istruttiva accensione televisiva, ho visto la sig.ra Bongiorno dire IN LACRIME davanti alle telecamere che 'il furto della salma sta provocando continuo dolore alla sua famiglia'.
Ora. Il fatto in sè è brutto, sono d'accordo. Profanare una tomba non è una cosa bella.
Tuttavia.. E' già morto!! Cosa potrà capitargli di peggio?
CONTINUO DOLORE??????
Ma in che senso?
Continuo Dolore potrà dartelo la sua scomparsa, il fatto che non ci sia più, che un tuo caro sia morto.
Ma la perdita del cadavere.. sì insomma non è bello, l'abbiamo già detto, ma da qui al Continuo Dolore..
E se davvero il furto è a scopo di estorsione, lasciate che dica la mia.
Ci vuole un matto per pagare il riscatto di una salma. Se non paghi cosa fanno? Lo torturano? Lo uccidono? Gli fanno il solletico? Non paghi signora, mi dia retta.
E non voglio nemmeno pensare a questi fantomatici rapitori con una bara rubata in cantina o in garage.
Che tristezza.
Continuo a preferirlo nel salotto della mia casalinga.