giovedì 28 aprile 2011

CiclistaBolognese.


Sigla con Bach in sottofondo, please...

Il Ciclista Bolognese è una creatura tanto fragile quanto sprezzante del pericolo. Moderatamente fastidioso nella sua versione solitaria - che generalmente colonizza le aree urbane - può tramutarsi in incubo quando raggruppato in branco. Fortunatamente questi branchi dalla tipica livrea 'effetto salamella' tendono a concentrarsi principalmente sulle colline e nelle campagne.
La caratteristica peculiare della specie, tuttavia, è sempre la stessa: una chiara e spiccata tendenza alla ricerca di una morte prematura, tanto da far impallidire i loro lontani parenti Lemmings.
Anche l'osservatore meno addentro all'etologia può facilmente constatarlo: ciclisti in picchiata contromano sui viali, ciclisti che ignorano il rosso all'incrocio tra il ponte di Galliera e il Viale della Stazione, ciclisti a fari spenti nelle notti di luna nuova... La ripetuta osservazione di questi fenomeni ha scatenato importanti interrogativi tra gli scienziati. La ragione di questi comportamenti è fisica o sociologica? La comunità scientifica è spaccata in due. Eminenti studiosi sostengono che alla base di tutto ci sia un'incapacità di interpretazione semiotica di base, che spiegherebbe la non interpretazione di cartelli stradali e semafori (va detto che una piccola branca isolata di scienziati opta per il semplice daltonismo, ma ciò spiegherebbe solo una piccola gamma di comportamenti, fatto che generalmente porta gli studiosi a rigettare questa semplicistica ipotesi). La branca più comportamentista della comunità scientifica sostiene invece che il ciclista sia perfettamente in grado di interpretare i simboli che lo circondano, ma che scelga deliberatamente di andare contro a ciò che la comunità vorrebbe imporgli. Un recente esperimento ha infatti dimostrato che mostrando a un ciclista un cartello di divieto di accesso le sue aree corticali primitive corrispondenti a 'rabbia' e 'nemico' si accendono con uno scarto di appena 0,00002 nanosecondi cominciando a pulsare al ritmo di antichi tamburi tribali. Si noti che un tipico nemico dichiarato dell'umanità - quale il centravanti della squadra di calcio rivale o la compagna di classe decisamente più avvenenente- generano la stessa reazione con una latenza cinque volte maggiore.
Fattore biologico o sociale che sia, il ciclista sperimenta ogni giorno nuove rischiosissime forme di spostamento, dal tagliare la strada al 27C - autobus doppio notoriamente di fretta- al graffiare con il cavalletto la carena di un' Harley guidata da un vichingo metodista con le stesse misure dell'armadio quattro stagioni 'GRVOSJ' dell'Ikea.
Tuttavia all'osservatore attento non sarà sfuggita una sempre meno rara sottospecie di origine mutata: il ciclista fifone o pusillanime che dir si voglia. Costui - infinita vergogna della sua razza - non osa gettarsi nel salvifico traffico, non si insinua tra due corriere ferme al semaforo, non scampanella al guidatore di SUV. No. Nella sua miseria costui teme le normali gioie quotidiane del tipico ciclista e per non sottoporsi al giudizio dei suoi simili si ricava un habitat di ripiego: il marciapiede.
Questo comportamento parassitario ha generato una faida senza quartiere tra il ciclista pusillanime e l'abitatore di diritto degli spazi marciapiedici, ovverosia il pedone.
Ma al pusillanime non importa. Preferisce ombrellate di vecchine imbufalite, bestemmie di muratori in pausa pranzo e coloriti inviti da parte di studenti spiritoselli, piuttosto che il pericolo rappresentato dalla strada.
Non possiamo che provare un briciolo di pena per questo errore della Natura. Cerchiamo di pensare a lui come a un salmone che non risale la corrente o a una rondine che non migra a sud per l'inverno. Forse un giorno il suo comportamento diverrà chiaro, rivelando un Disegno che solo una mente superiore potrebbe concepire.
Fino ad allora che la scienza continui il suo cammino...

giovedì 14 aprile 2011

Oceanomare.


[...]Non è che la vita vada come tu te la immagini. Fa la sua strada. E tu la tua. Io non è che volevo essere felice, questo no. Volevo... salvarmi, ecco: salvarmi. Ma ho capito tardi da che parte bisognava andare: dalla parte dei desideri. Uno si aspetta che siano altre cose a salvare la gente: il dovere, l'onestà, essere buoni, essere giusti. No. Sono i desideri che salvano. Sono l'unica cosa vera. Tu stai con loro, e ti salverai. Però troppo tardi l'ho capito. Se le dai tempo, alla vita, lei si rigira in un modo strano, inesorabile: e tu ti accorgi che a quel punto non puoi desiderare qualcosa senza farti del male. E' lì che salta tutto, non c'è verso di scappare, più ti agiti più si ingarbuglia la rete, più ti ribelli più ti ferisci. Non se ne esce. Quando era troppo tardi, io ho iniziato a desiderare. Con tutta la forza che avevo. Mi sono fatta tanto di quel male che tu non puoi nemmeno immaginare.[...]

A. Baricco - Oceano Mare

mercoledì 6 aprile 2011

Interrotta.

La via è chiusa...

Persino il Re dei Morti si premura di segnalarlo.
Il comune di Bologna NO.
Via dè Castagnoli è chiusa da ieri mattina per lavori, ma nessun cartello lo segnala.
E io, da ieri, assisto al goffo balletto di tutti quei poveretti che dopo averla percorsa tutta, si ritrovano davanti ad un camion fermo e ad una grossa transenna.
E via di retromarcia... in una strada che è un budello, per di più affollata di pedoni e biciclette (siamo in piena zona universitaria).
Mi meraviglio che non ci sia ancora stato un incidente. Ma dico, ci vuole tanto?
Un misero cartello...